sexta-feira, 22 de abril de 2011

A cadeira portuguesa.


Memoriale di una sedia di Liliana Soares ed Ermanno Aparo Il paesaggio urbano viene spesso definito da particolari affascinanti e discreti che ci aiutano a determinare organismi complessi e articolati proprio come le città, un gioco di componenti che, organizzati, compartecipano all’identità dei luoghi. Questi preziosi frammenti urbani aiutano a ricostruire i luoghi nella memoria di chi li ha attraversati. Così, qualunque piazza, via o quartiere si trasforma in un insieme di componenti che ci aiutano a contestualizzare l’ambito in cui questi erano inseriti.

Nell’immaginario di chi visita il Portogallo rimangono impressi i tratti che ne evidenziano la sua essenza. Nel percorrere strade, piazze o slarghi dove fanno da scenografia una architettura definita per l’identità dei materiali definiti nel disegno, nella qualità dei dettagli e per la preoccupazione creare moduli che rivelano la potenzialità del vocabolario nell’applicazione allo spazio pubblico. Così sia nei moduli policromi degli azulejos, le piastrelle ceramiche che rivestono gli edifici, o nella bicromia della calçada portuguesa, il tipico rivestimento in basalto o granito bianco e nero che come un tappeto copre il pavimento delle città portoghesi, si rivela la qualità dello spazio urbano portoghese. Il contatto con tutto l’ambiente circostante si estende al di qua degli edifici nelle esplanadas, prolungamenti nello spazio urbano dei caffè che da sempre si identificano come luoghi d’incontro per intellettuali, artisti e persone comuni. Qui tra l’aroma del caffè e il discreto deambulare dei camerieri s’intavolano effimere chiacchierate sui più diversi argomenti, si osserva il decorrere della giornata attraverso i piccoli rituali urbani che caratterizzano la vita cittadina, ritagliando ricordi di momenti vissuti o semplicemente osservati. Così tra ombrelloni, tende e tavolini che arredano questi gradevoli luoghi si cela una sedia che, ignara delle polemiche che la vedono come protagonista, definisce questi scenari tipicamente lusitani. Questa seduta fu creata nell’officina della Arcalo negli anni cinquanta, una piccola industria di Algés vicino Lisbona per opera di un’artigiano Gonçalo Rodrigues dos Santos. La sedia é in ferro di manifattura locale, è ottenuta da due tubi piegati che fanno da struttura, uno dei quali in forma di arco compone la zona dello schienale e degli appoggi per le braccia per poi piegare ad L e comporre gli appoggi posteriori, l’altro il forma di U costituisce l’appoggio per il sedile e piegandosi a 90° compone i piedi anteriori. Saldati in un punto che ne facilita la produzione, senza comprometterne la funzionalità, i due elementi tubolati sono completati dal piano orizzontale della seduta e quello inclinato dello schienale, realizzati in ferro, in doghe di legno o in compensato. Per più di vent’anni questa sedia caratterizzò con la sua presenza le zone esterne di bar, caffé e ristoranti delle località portoghesi ma negli anni ’80 la supremazia della sedia in ferro fu messa in crisi dalle sorellastre in plastica, più economiche e leggere della corpulenta sedia lusitana. Poco alla volta la sedia più popolare dello scenario urbano portoghese cedette il suo posto ad altre, incapaci di articolarsi con il contesto con gli altri elementi che caratterizzavano lo scenario urbano portoghese ma, soprattutto, inadeguate al rapportarsi con le persone che abitavano queste quinte urbane. La perdita di questa caratterizzazione con la conseguente creazione di luoghi anonimi e privi di una referenza con la cultura lusitana, preoccupava gli intellettuali portoghesi che avvertivano la società e i responsabili di governo sul pericolo incombente. “Si deve pensare in maniera intelligente che questo spazio urbano deve essere usato da tutti con l’obbiettivo di dare risposta al malcontento delle persone” insisteva l’Architetto Antonio Sena da Silva, uno dei pionieri del design in Portogallo, che agli inizi degli anni ’90 resuscita la sedia elogiandola pubblicamente. Nello stesso periodo Daciano da Costa, considerato da molti il padre del Design Portoghese, approfittando dell’essere responsabile del progetto dell’arredamento degli interni del Centro Culturale di Belém progettato da Vittorio Gregotti a Lisbona, propose di recuperare la sedia tubolare per gli spazi esterni dello stesso centro proponendo la riproduzione di questa ad una fabbrica di Aveiro, la Adico. L’affermarsi di questa protagonista diede origine alla controversia sulla paternità del prodotto, così da un lato l’industria Arcalo che chiama la sedia Gonçalo in ricordo del suo creatore e per suggestione di Sena da Silva, dall’altra l’industria Adico di Aveiro a cui furono commissionate le sedie per il Centro Culturale di Belém che la denomina semplicemente come cadeira Portuguesa (sedia Portoghese). Ebbe origine anche una controversia sulla provenienza della citazione a cui la sedia si potesse riferire, tra i tanti riferimenti quello che sembra possa avere qualche fondamento è quello che riferisce di una diretta parentela l’esperienza razionalista con il tubo in ferro fatto durante gli anni venti per Marcel Breuer, Eilleen Gray , Renè Hernst, o Mies Van Der Rohe. Senza ombra di dubbio la capacità che lo stesso Gonçalo Rodrigues dos Santos evidenziò ispirandosi a modelli antecedenti della propria industria combinati ad altre referenze osservate durante alcuni viaggi in Europa li trasformò in riferimenti di progetto accompagnandoli ad un’invidiabile perizia nella gestione della materia prima che gli permise di attingere un risultato eccellente nella realizzazione del suo prodotto. Con trascorrere del tempo la sedia subì ripetute modifiche e perfezionamenti dovuti a ragioni funzionali quali l’esigenza di ottenere sedie impilabili o il conforto relazionato alle dimensioni e all’inclinazione della seduta e dello schienale; contemporaneamente la tecnica applicata per piegare i tubi si affinava ottenendo elementi sempre più perfetti e regolari. L’atteggiamento di quest’artigiano proteso alla continua sperimentazione nella ricerca di soluzioni più pratiche e funzionali e la sua necessità di adattare una tipologia di referenza alle esigenze produttive locali, fanno dell’esperienza acquisita un esempio di produzione simbiotica con il contesto in cui opera. Le contingenze di progetto che si presentarono e le soluzioni tempestivamente proposte aiutarono nella definizione di un complesso di fattori che aiuteranno l’affermazione della sedia nel mercato nazionale e più tardi in quello estero. Così la sedia cominciò discretamente a abitare nei bar, caffè e ristoranti affermandosi per la sua discreta efficienza. Da nord a sud il paese si popolava di questo semplice ma efficiente esempio di seduta per esterno. Oggi questa sedia, immune da critiche o polemiche di lana caprina, continua a marcare lo spazio pubblico Portoghese e ad essere citata come riferimento in progetti di Designer come Daciano da Costa per una sedia presente nel caffé del teatro Coliseu dos Recreios a Lisbona o Nuno Ladeiro per la Viceversa e successivamente per la Ycami, o ancora come la air - armchair prodotta da Magis e disegnata per la fluente matita di Jasper Morrison. Le sue forme sinuose, ma discrete, contemplate da molti progettisti ritornano un esempio per chi oggi si deve cimentare in un progetto complesso e articolato come quello di una sedia per lo spazio pubblico. Inoltre prendendo visione della produzione di prodotti analoghi a quello in questione in cataloghi di industrie Italiane, Spagnole o di altre nazioni Europee è possibile incontrate tipologie molto simili alla sedia in questione, così quello che ci sentiamo di affermare è che questa sedia altro non è che una variante portoghese ad un tema, quello della sedia per spazi esterni. Della variante portoghese si devono evidenziare quelle caratteristiche produttive e morfologiche che ne fanno un componente, discreto ma indispensabile, per la lettura di uno spazio urbano affascinante e complesso come quello lusitano. Articolo inserito il 24 agosto 2005 http://www.archimagazine.com/dmemoriale.htm

1 comentário:

Miffy disse...

Era Bom que nós soubessemos ter o marketing suficiente para exportar lá para fora o que temos de melhor.

Vou dar alguns exemplos:

- Cadeira Gonçalo;

- Louça Rafael Bordalo Pinheiro;

- Todos os nossos Vinhos, Azeites, Queijos e Enchidos;

- O Pão Alentejano;

- Azulejos Portugueses;

- Cristal da Marinha Grande;

- Ouriversaria Portuguesa;

And so on....Muita coisa haveria a acrescentar: deviam existir medidas por parte do Governo de incentivo.

Já sei que muita coisa Portuguesa é apreciada e comercializada lá fora, mas ainda há muito a fazer nesta matéria.

BOA PÁSCOA